l'oggetto è abbandonato

    
il discorso sull’abbandono è quello sul lasciare l’oggetto / segno / scrittura / traccia all’ambiente, addirittura a “tutti”. (questo per le installance), svincolando la cosa lasciata dal ‘valore’ (anche estetico) senza vincolarla a ‘un’ destinatario, e nemmeno all’indicazione autoriale precisa. (tutti gli oggetti abbandonati in forma di installance sono senza firma).
gli oggetti possono così essere ‘pacchetti di senso’ lasciati liberi di trovare il loro destinatario. 
da nessuno a tutti, o a qualcuno (che se ne appropria come dono, senza che il dono sia ‘firmato’ né nel senso dell’arte, né nel senso del design/prestigio, né nel senso e segno autoriale). (la firma – intesa come passaggio di senso – è un addendum messo da chi trova l’oggetto, quando e se lo trova e lo prende con sé, volendo).
   

the shape of the field / mg. 2013

is it really (only) “visual poetry” the thing I deal with?
I realize I’m absolutely interested in signs, traces, borders, explanations, asemic areas, glyphs, arrows, cacography, alphabets, open fields, blurred images, distant grass, abstract figures and movies, glitch in sound and vision, ripped cardbox, scratched wood, scratched tapes, uncanny machines, lack of meaning, naive drawings, art brut, lowres shots, random shots, bad photos of notes and things, boring manuscripts, boring explanations, boring graffiti, handwritten lists and instructions, weird diagrams, diaries, “action writing” / action painting, mixed excerpts of any kind, verbovisual chaos, contradictions, plain statements, twisted sentences, heaps of words, chalk drawings, empty rooms, empty squares, pseudo-fields of forces, found items, readymades, unfinished sketches, bad prose pieces, cut-up prose, diagonals, bunch of diagonals, ugly scribbles and doodles, fake math, stains and lakes and wires and snakes of black ink, ideograms, fake ideograms, cursive overwriting, collapse of sound, and noise, superimposed images, collage, digital collages, disturbed texts, écriture, walls and sheets of words, handwritten papers, rough handwriting, incomplete transcriptions, photos of manuscripts, scanned fragments, bad scans, arte molto povera, installances, lost leaflets, dirty ones, old and new ephemera, marginal events, short movies, b/w works, out-of-focus, stones, written stones, my bad English…
all of this stuff is what I try to mix, write, pick up, store, and
I’m against editing, post-production, bellettrisme, wise quotations, meta-language, mimicry, novels, serious art, and
I DO REJECT HI-RES.

what do I have to do with all of the thousand hi-res & calligraphically rendered online landscapes? first of all, I have some actual landscape offline. and: I’ve no time at all.

___’d better go fetch errors and misshapen signs, traces, borders, …
   

pier roberto bassi _ free art friday

     

FREE ART FRIDAY L’opera d’arte lasciata in strada in modo che chiunque possa goderne e portarla a casa. Avanti, regala a qualcuno una bella giornata! Si prega di pubblicare solamente immagini di “arte libera”. Free Art Friday non è un’idea nuova, nel mondo ci sono moltissimi Artisti che fanno arte e semplicemente la lasciano in giro per le strade. Non ci sono regole, è questo il bello! Per far sì che l’opera d’arte sia esclusivamente gratuita ci si deve assicurare che sia facilmente rimovibile e che non danneggi, o solo in minima parte, l’ambiente in cui è riposta. Free Art Friday si pone molteplici obiettivi… Creare qualcosa libero dai vincoli del commercio, proporre un’idea, gridare un messaggio politico o semplicemente affascinare e confondere lo spettatore rappresenta per l’artista un’ opportunità. Troppo spesso l’arte rappresenta per l’artista solo il suo lavoro ed è limitata dalle pubblicazioni nelle gallerie o dai problemi della vendita. FAF pone l’attenzione di chi crea sull’atto stesso della composizione, favorendo l’assoluta libertà artistica evadendo i limiti commerciali ed economici. Il lavoro di molti partecipanti di FAF è spiritoso e genuino, nella speranza che rallegri il tragitto dello spettatore dalla casa al lavoro, che metta tutto in discussione, che si aspetti l’inaspettato e si renda conto che insieme al bisogno di vendere, pubblicizzare, combattere il sistema e ribellarsi c’è anche un bisogno di abbellire e intrattenere in uno modo totalmente privo di guadagno e senza arrecare danno alla proprietà pubblica e privata.  (MyDogSighs ’07)


    

TRACTS!

from http://www.manystuff.org/?p=15091

TRACTS!

de la main à la main: le tract comme contre-pouvoir esthétique 
Un des principaux intérêts du tract comme support de l’art réside dans le fait qu’il est en tout point l’exact opposé de l’œuvre d’art, telle en tout cas que la décrivent encore aujourd’hui les défenseurs d’une certaine tradition esthétique. L’œuvre est raffinée et atemporelle, le tract est ordinaire et jetable ; l’œuvre est métaphysique, le tract est politique, l’œuvre est précieuse, le tract est cheap. « Toute œuvre, et particulièrement une très grande […], écrit Michel Haar en 1994, présente une cohésion, une unité organique si puissante qu’elle renvoie davantage à elle-même qu’à aucun étant dans le monde. » L’œuvre aspire à la grandeur et elle se doit d’être grandiose, le tract, lui, est modeste et fugace. L’œuvre d’art, continue Michel Haar, est « un assemblage matériel irremplaçable et subtil, fait suivant la vocation de chaque art, de pierre ou de couleur, de sonorités musicales ou de sonorités verbales ». Le tract est plutôt grossier, remplaçable car reproductible, imprimé sur du papier ordinaire par une technique plus ou moins industrielle. La place de l’œuvre d’art est dans un musée, tandis que le tract – ni de pierre, ni de couleur – se faufile discrètement, voire clandestinement au milieu de la foule.
Cette position délibérément marginale incite les artistes qui ont une pratique du tract à épouser et à assumer la fonction subversive qu’il joue – logiquement – dans l’art…

5 janvier – 18 février 2012
Cabinet du Livre d’Artiste, Rennes

Alighiero Boetti

… Non potevi metterti a fare delle sculture in cemento, pazzesche, che poi stessero lì dieci giorni; o non puoi mettere in galleria tonnellate di sabbia! A questo punto, allora, ti prendi uno spazio piccolissimo, veramente povero nel senso della semplicità, come un foglio di carta quadrettata, e costruisci una regola iniziale che ti soddisfi, e ti trovi a cimentarti in una cosa che più è piccola più ti dà una libertà d’azione individuale, incredibile, una possibilità di indagine, di informazione.

  

[Alighiero Boetti, intervista rilasciata a Mirella Bandini. Prima pubblicazione: “NAC”, n.3, 1973. Ristampata varie volte. Citata in M.Bandini, 1972 – Arte povera a Torino, Allemandi, Torino 2002, p.36]

Note sul concetto di installance / Marco Giovenale. 2010

    
1.
  
Ovviamente Robert Barry sul finire degli anni Sessanta ha svolto un lavoro molto vicino al concetto di installance. Dove l’indeterminazione è dominante e non c’è però accenno alla segretezza.
Rilasciare una quantità di elio o neon o altro “da qualche parte” nell’atmosfera è indeterminazione; ma la performance è tale: c’è azione, pubblico, volendo. Che poi l’account, la descrizione-dichiarazione-racconto spieghi post quem ciò che ha avuto luogo, e il fatto che la performance ha avuto luogo, non toglie “segretezza” e nascondimento al lavoro.
Inoltre, tutto il resto è definito e chiaro: si sa che tipo di gas è quello rilasciato, e viene detto, se ne conosce e viene dichiarata la quantità, eccetera.
Se si rilascia segretamente in luogo preciso ma solo fotografato e non dichiarato un oggetto di dimensioni indefinite, spesso coperto di scrittura o asemantica o illeggibile o cancellata, i gradi e strati di non conoscenza sono tali da rendere l’opera definitivamente non perimetrabile, senza tuttavia rinunciare alla sua materialità.
Senza dover ricorrere a un gas o a un’idea, un concetto.
Attenzione: è tuttavia e comunque possibile, attraverso l’installance, ricorrere precisamente a un’idea, o ad altro. A un’azione immateriale e su cui non c’è testimonianza e magari nemmeno è data documentazione. Si veda l’installance assente “nella” chiesa con le sliding doors (http://installance.blogspot.com/2010/09/installance-0007-unperformed.html).
  
 
2.
   
Nel caso di Barry l’opera è, se non performata in presenza di pubblico, comunque pubblicizzata, resa nota come “evento”. L’installance invece è – tendenzialmente – evento solo in termini ontologici, non sociali. Individuali semmai. Non è o può non essere necessariamente “socializzata”.
Altra prossimità apparente, non sostanziale. I writers e i disegnatori che variamente lavorano sui muri delle città privilegiano sì la segretezza dell’opera ma la limitano al puro momento esecutivo. L’opera deve nascere quasi spontaneamente, nella loro (condivisibile o meno) idea, dal discorso della società, e comparire in/al pubblico. L’esibizione è quindi successiva e intera. L’opera è esposta e visibile: già affissa: è sul muro.
Vero è che per le installances non è differente l’esibizione dell’oggetto (esibizione anche costante, perdurante, fino al deperimento dei materiali) successiva alla non-azione, alla installazione secretly performed. Forse allora quello che differisce, ciò che marca distanza fra graffiti e installance, è il senso della durata dell’opera. L’installance non teme di essere persa, di sparire, di corrompersi, di non esser registrata da altro occhio di colui che la pone in essere.
  
   
3.
   
L’installance è un pacchetto di senso individuale isolato. Spesso e anzi si direbbe elettivamente asciugato da ogni narcisismo e atto di esposizione autoriale. È un dono e un’operazione riservata. È per la collettività, non in forma autistica, ma evita lo show. L’oggetto di senso viene donato alla collettività senza passare necessariamente per i canali della consueta “notificazione” legale = spettacolare. (Pur se una “notizia” può essere, ma non deve essere, fornita).
In questo senso, un post in un blog è solo in parte una contraddizione in termini. Vero è che può costituire una documentazione ex post (!). Successiva. Dopo che il dono è stato fatto (segretamente + per tutti + senza più possesso dell’artista + senza alcuna “vendita” + senza narcisismo + senza un destinatario né una fonte “privilegiati” + senza immaterialità).